ANTONIO FRESA: una vita per l’archeologia

Generalmente, quando parlo del Prof. Alfonso Fresa, mi emoziono, avendolo conosciuto ed essendoci stata a contatto. Di lui ho avuto modo di apprezzare le doti di mente e di cuore […]

Generalmente, quando parlo del Prof. Alfonso Fresa, mi emoziono, avendolo conosciuto ed essendoci stata a contatto. Di lui ho avuto modo di apprezzare le doti di mente e di cuore e, grazie a lui, ho conosciuto tante notizie sulla mia città, ma devo dire che lui, più che archeologo, era un astronomo. Se diventò anche archeologo, il merito fu di suo fratello Matteo che aveva la “malattia delle pietre antiche”. Con Don Matteo Fresa non ho avuto mai modo di parlare, anche se abitava a Pucciano, ma ne ricordo la figura. Era alto e portava sempre un “saturno” (cappello rotondo nero tipico dei sacerdoti). Quando lo incrociavo per strada lo salutavo sempre, ma lui era diverso dal fratello, a me appariva meno comunicativo.
Matteo Fresa era nato a Salerno il 10 agosto del 1907 ed era piccolo quando la famiglia si trasferì a Pucciano. Frequentò gli studi ginnasiali e liceali e quelli di teologia a Santa Maria degli Angeli col nome di Frate Antonio. Il fratello Alfonso raccontava che fu proprio a Grotte, nel convento di Santa Maria degli Angeli, che per il fratello aveva avuto inizio la passione per le “pietre antiche”: nella cantina del convento scoprì un ambulacro con stucchi variopinti. Mentre gli altri fraticelli ebbero una curiosità di breve durata, per lui l’assillo di una risposta a quanto aveva visto sotto terra, trovò una convincente spiegazione nella disposizione delle case di Grotti, nella curva ad “esse” della strada che da Portaromana porta verso il convento. La rotondità del muro del giardino del convento gli fece intuire che lì sotto potesse essere sepolto niente meno che l’ Anfiteatro dell’antica Nuceria. La sua geniale intuizione non ebbe l’eco che meritava anche perchè lui fu trasferito in altri conventi, ma egli non abbandonò mai l’idea di vederci chiaro in quella faccenda. Mentre era nel convento di Padula incontrò il Prof. Panebianco che era il direttore dei musei provinciali di Salerno e si era recato lì in occasione del ritrovamento di un vaso con decorazioni raffiguranti delle danzatrici. Evidentemente gli parlò delle sue idee. Poi, in occasione della morte del fratello Francesco in Africa, i fratelli Fresa si ritrovarono a Pucciano. Erano soliti fare una passeggiatina pomeridiana e , inevitabilmente, si dirigevano verso Grotti. Dopo aver notato che la cantina di casa Montalbano confinava con quella dei frati minori, dove era stato visto l’ambulacro, essi scrissero una relazione sull’antica Nuceria e in modo particolare sull’ Anfiteatro. Qualche anno dopo, Padre Antonio fu nominato parroco dell’antica chiesa di Vetranto a Cava de’ Tirreni e riprese il suo nome di Don Matteo Fresa. Avendo la parrocchia a Cava, poteva tornare sempre a Pucciano e quando, nel 1957, il Prof. Panebianco diede inizio agli scavi a Pareti, egli spesso raggiungeva quella zona e dava anche preziosi suggerimenti . Sempre in quel periodo i due fratelli prepararono altre relazioni e una di queste piacque tanto al sopraintendente delle antichità di Napoli, prof. Maiuri, che questi, sul Corriere della Sera, diede l’annuncio che un prete e suo fratello astronomo avevano scoperto l’anfiteatro di Nocera. Don Matteo Fresa morì il 16 gennaio 1978 nella casa di riposo del clero ad Acquavivadi Nerola, ma le sue intuizioni e le sue scoperte lo faranno vivere per sempre.

Fonte e foto: girigalu.wordpress.com

MdA